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Amano il proprio impiego e preferiscono mettersi in proprio: l'inchiesta sui modenesi e il lavoro

Chi vorrebbe più lavoro e chi più tempo libero, sulla soddisfazione dei modenesi grava il peso della precarietà. Ecco i dati del sondaggio demoscopico della Fondazione Del Monte

Oggetto della seconda ricerca che la Fondazione Mario Del Monte ha realizzato nell’ambito dell’Osservatorio Via Emilia è il lavoro, tema centrale della vita delle persone. L’obiettivo di questa indagine demoscopica è quello di capire che percezione abbiano oggi del lavoro i cittadini modenesi, a seguito di una fase di crisi economica profonda dalla quale non si è ancora pienamente usciti.

L’analisi statistica, elaborata su un campione di 700 modenesi maggiorenni, dei quali 352 appartenenti alla categoria dei lavoratori, pur non avendo la pretesa di essere da tutti condivisibile risulta completa e dettagliata, ed è interessante la proposta di confronto con la analoga rilevazione a livello nazionale svolta da Demos-coop per Repubblica lo scorso anno.

Agli intervistati è stato chiesto di dare una valutazione da 0 a 10 riguardo i principali parametri di valutazione del lavoro, e ne sono emersi risultati molto variabili, da rimandare soprattutto alle differenze di appartenenza ad una classe sociale, grado di istruzione e tipologia di impiego.

Si parte con dati molto positivi: il 68% degli intervistati dice di essere molto soddisfatto del proprio lavoro, percentuale di gran lunga superiore alla media nazionale, dove solo la metà dei voti era compreso tra 8 e 10. Ai modenesi, complessivamente appagati dal loro impiego, viene chiesto quindi se quella che svolgono sia effettivamente la loro professione preferita e se la sceglierebbero per i propri figli e le risposte sono varie.

Si riscontra in questo caso una distribuzione omogenea, con preferenza di lavoro in proprio e alle dipendenze di una grande impresa o di un ente pubblico, quest’ultima riscontrata in particolare nelle donne, probabilmente per un’idea di maggiore stabilità.

Differenti preferenze e differenti stipendi: siamo agli sgoccioli del 2018, ma la disparità di retribuzione uomo-donna viene ancora percepita notevolmente, seppure a Modena si riscontri in misura minore che nell’Italia nel suo complesso: secondo il 64% dei modenesi e il 75% degli italiani infatti, a parità di impiego, la retribuzione maschile supera quella femminile.

Preoccupante risulta la percezione della tutela dei lavoratori, che si vedono costretti a difendere da soli i propri interessi: un magro 6% si vede aiutato dallo stato, e un altrettanto scarso 16% dai sindacati, nei quali sembra riporre fiducia soltanto chi si ritrova in una collocazione politico ideale della sinistra e del centro sinistra. I lavoratori si sentono “abbandonati” e uno dei motivi principali è la precarietà, che viene vista come un impedimento a costruire una famiglia e di avere dei figli, derivante da leggi sul lavoro sbagliate che la hanno fatta diventare una moderna “forma di sfruttamento”.

Procedendo con l’intervista, le domande diventano sempre più dirette e personali. Alla domanda “Secondo Lei qual è oggi il principale significato del lavoro?” le risposte si alternano tra dignità, indipendenza, necessità e guadagno, questi ultimi percepiti maggiormente tra gli assunti con contratto a tempo determinato, casalinghe e disoccupati.

Chi ha più bisogno di denaro e chi di tempo libero: questo trade off caro agli economisti è stato analizzato, ed è risultato che i 40% dei cittadini vorrebbe aumentare il proprio reddito (soprattutto chi appartiene alla classe sociale media/medio-bassa), mentre il 58% desidererebbe maggiore tempo libero, inteso come ferie, riduzione dell’orario di lavoro, flessibilità e permessi.

Infine un breve sguardo al futuro: i modenesi vedono consapevolmente, nei prossimi tre anni, un incremento del lavoro online, continuando a prediligere come “parola d’ordine” la “professionalità”.


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