Cronaca

Magner Bein | Origine dei 3 piatti dell'Appennino Modenese

Borlenghi, crescentine e gnocco fritto sono i tre piatti tipici della montagna modenese, ma le loro origini sono alquanto stravaganti. Un viaggio alla ricerca del gusto e della sua storia

L'Appennino modenese è un mix perfetto di passeggiate naturalistiche, attività turistiche, leggende antiche, borghi romantici e anche ottima cucina. E' infatti in questo luogo che sono nati tre dei cibi modenesi più famosi in Italia: il gnocco fritto, la crescentina e il borlengo. Scopriamo le origini di questi piatti.  

IL BORLENGO

Borlengo o burlengo che si voglia, ha un nome che evidentemente deriva dalla parola "burla", cioè lo scherzo e a riguardo sono nate diverse teorie. Infatti, per alcuni l'alimento veniva mangiato a carnevale e quindi prendeva il nome di "cibo per burla", per altri la burla risiedeva nel fatto che il borlengo è una pietanza voluminosa, anche se in realtà è leggero e sottilissimo. La leggenda più interessante però riguarda un'anonima massaia, che nel preparare con acqua e farina il tradizionale impasto per le crescentine da cuocere nelle tigelle, scoprì di aver allungato eccessivamente con l'acqua, e per evitare di buttarlo via, provò a ricavarne ugualmente qualcosa di commestibile. Il risultato lo si può apprezzare ancora oggi nelle case e nei ristoranti del nostro Appennino.

I borlenghi salvarono Guiglia dalla fame per assedio. E' un fatto sole modenese? In realtà sembrerebbe di no perché secondo alcuni esperti di cucina e tradizioni locali, il borlengo si sarebbe sviluppato nelle colline tra Bologna e Modena durante l'Alto Medioevo. Oggi il museo del Borlengo ha sede a Zocca insieme alla compagnia della cunza, cioè l'associazione per la cultura e la conservazione di questa antica tradizione, ma in realtà i primi documenti risalenti al 1266 sono stati ritrovati a Guiglia. A creare ancora più mistero è la circostanza ambigua in cui vennero rinvenuti, infatti era appena finito l'assedio delle truppe guelfe modenesi contro gli Algani, i quali avevano resistito per giorni e giorni. A fare chiarezza furono le truppe degli assedianti che scoprirono come Ugolino da Guiglia e la famiglia Grasolfi fossero sopravvissuti così a lungo grazie ad ostie di farina ed acqua impastata, cotte ed insaporite da erbe. Alla fine avevano ceduto al nemico perché con il protrarsi della guerra la farina iniziò a scarseggiare e dovettero fare ostie sempre più piccole. 

Le leggende tra Vignola, Zocca e Montobraro. Scendendo lungo il Panaro, a Vignola, la leggenda vuole che tale alimento sia stato preparato in circostanze simili, ossia durante l'assedio del castello governato da Iacopino Rangoni, avvenuto nel 1386 ad opera dell'esercito del conte Giovanni da Barbiano, alleato di Isacco e Gentile Grassoni. Un'origine più incerta invece è quella che si tramanda a Zocca, dove i borlenghi scaturirono da una frode vera e propria. Si narra infatti di un bottegaio che nei giorni di mercato vendeva pane e focacce, allungando però l'impasto con acqua a seconda del numero di avventori. Altro caso è invece quello di Montobraro che racconta di un signorotto locale che avrebbe servito una pietanza di sottile sfoglia a conoscenti ed amici, promettendo a loro un pasto abbondante, e questi rimasero così contenti dell'alimento che si autoinvitarono altre volte.

SAPEVATE CHE LE CRESCENTINE RIPORTANO UN'IMMAGINE CELTICA? 

LA CRESCENTINA (erroneamente detta tigella)

Note erroneamente con il termine di tigelle, le crescentine rappresentano il piatto tipico dell'Appennino modenese. Una tradizione che si tramanda da secoli e che oggi è diventata anche punto di forza di ristoranti e catene di "fast food". Non si conosce esattamente l'origine delle crescentine, tuttavia l'erronea attribuzione al piatto del nome "tigella" potrebbe essere uno spunto importante per capire la loro origine. 

Infatti la tigella non l'alimento, ma lo strumento usato per cuocere le tigelle, che consiste in dischi cotti e temperati sotto la cenere ardente. Tuttavia la parola tigella è quella che fornisce più indizi dal punto di vista storico, infatti si tratta di un termine che ha derivazione latina, infatti deriva dal verbo "tegere", che significa "coprire". La scelta del verbo appare chiara per rappresentare la funzione di questo strumento, tuttavia la parola "tigella" non è solo dei nostri appennini, ma ha avuto in passato una diffusione a più ampia scala geografica. 

Infatti la tigella era nota come lo strumento usato per cuocere delle semplici focacce, ossia un cibo comune tra le famiglie più povere dell'appennino. Esattamente come accade per le crescentine, anche queste focacce erano inserite tra le foglie di castagno che a loro volta erano chiuse dalle tigelle, formando una colonna queste sezioni. 

L'immagine celtica presente nelle tigelliere di oggi e nelle tigelle di ieri ricorda che forse l'origine è davvero antichissima. E' presumibile che le focacce di cui alcuni documenti parlano siano nate già nel periodo etrusco e celtico, e che siano continuate anche in quello romano, poiché tutti e tre i popoli aveva sulla propria tavola queste focacce. Tuttavia l'origine delle crescentine sarebbe medioevale e probabilmente nata dalla preparazione erronea della focaccia, che condivide con la crescentina quasi tutti gli ingredienti differenziando le quantità. 

IL GNOCCO FRITTO E' UNA DELLE NOSTRE PRELIBATEZZE, MA POTREBBE ARRIVARE DA PIU' LONTANO, PER ESEMPIO DALLA GERMANIA

Quando si parla di Gnocco Fritto non si può che pensare all'Emilia, la terra dove si pensa sia nato questo piatto tradizionale. Come spesso accade però le storie dei nostri piatti tradizionali non sono così lineari e sicure che vorremmo, e spesso la tradizione si mescola con l'oscurità mediovale che ha dimenticato dietro di sè documenti e testimonianze che rimarranno sempre buchi nella storia. 

Di una cosa siamo certi, ossia che durante l'Impero Romano il gnocco fritto non era presente in Emilia né in altra parte dell'impero. Il suo arrivo infatti coincise con una tradizione di lavorazione del maiale particolare, ossia lo strutto. Erano infatti i longobardi a lavorare il lardo così da ottenere lo strutto che è alla base della preparazione del gnocco fritto.

I longobardi arrivarono in Emilia nel 568 d.C. quando l'impero era stato sconfitto e l'anarchia barbarica "governava" le terre modenesi e reggiane. Per primi pensarono alle nostre terre non più come luoghi di saccheggio, come aveva invece fatto i loro predecessori in particolare Unni e Visigoti, ma come territori da governare. I longobardi infatti furono i primi a legiferare e a consentire che gli emiliani e la gente longobarda si mescolassero e vivessero insieme. 

L'arrivo della lavorazione dello strutto trasformò per sempre la tradizione culinaria emiliana, perché infatti è presente anche nelle piadine e in molti altri prodotti regionali. Il nome originario del gnocco fritto non si conosce, anche se molti pensano sia "il gnocco", infatti ha assunto denominazioni differenti tra bologna dove è conosciuto come "crescentina" a Parma come "torta fritta" a Ferrara come "pinzino" e Piacenza quale "chisulén". 


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