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Intreccio di erbe palustri e poesia in dialetto: la riscoperta delle tradizioni al mercato Albinelli

Sabato 8 ottobre dalle 10.30 alle 12.30 e poi dalle 16.30 alle 18.30 sarà possibile incontrare Mirco Pederzini, l'unico ed ultimo artigiano che raccoglie e lavora la paviera o typha, erba palustre che cresce spontanea nelle campagne della provincia di Modena, per imparare a realizzare borse di varie fogge come per secoli si è fatto nel modenese, in particolare nella "bassa". Insieme a lui gli appassionati cultori di questa arte, che lavorano per recuperare le abilità artigianali tradizionali legate al nostro territorio, dell'associazione Punto di Incontro della Parrocchia di Sorbara, che organizzano corsi per diffondere e mantenere vive le conoscenze di queste tecniche tradizionali, rivisitandole con un pizzico di originalità. Charity lab e piccola bottega del passato è stato definito il Punto d'Incontro, più semplicemente un'associazione che favorisce l'incontro fra le persone, il lavoro delle mani, l'intreccio delle parole, la comunicazione dei saperi.

Nel nostro paese questo particolare tipo di artigianato è sempre esistito, anche se ha avuto la sua massima diffusione negli anni precedenti, durante e dopo la seconda guerra mondiale fino agli anni Sessanta quando è iniziato un lento ma inesorabile declino che ne ha portato alla quasi totale scomparsa. Le erbe palustri impiegate appartengono principalmente a tre generi: Typha, Carex e Juncus ed erano usate per la produzione di borse, cesti, per impagliare sedie e fiaschi di vino, per cappelli, stuoie, scatole per confezioni di generi alimentari. Due sono le specie del genere Typha utilizzate prevalentemente nel nostro paese: Typha angustifolia chiamata "Paviera" e Typha latifolia chiamata comunemente "Paviras". Durante la Seconda Guerra Mondiale e negli anni immediatamente successivi la lavorazione della paviera era dopo l'agricoltura il principale reddito di moltissime famiglie ravarinesi, erano quasi 700 i lavoratori impiegati: si produceva di tutto, dalla sporta per la spesa alla borsetta elegante, dai cappelli alle stuoie, dalle scatole per confezioni alimentari ai cesti per la frutta, produzione che alimentava un florido mercato interno e veniva addirittura esportato in paesi stranieri. Era un lavoro principalmente effettuato dalle donne. Nelle lunghe serate invernali si ritrovavano nelle stalle per lavorare, e stare in compagnia: le ragazze imparavano il mestiere dalle più anziane divertendosi.

Gli uomini che lavoravano come "cameranti", operai agricoli ad ore, ed i contadini della fascia dei terreni paludosi e vallivi comprese nell'area fra Secchia e Panaro d'inverno avevano tempo da dedicare all'intreccio di sporte, ceste, stuoie e gabbie per pollame. Come spazio di lavoro si usavano le stalle, dove si poteva lavorare al caldo.

Negli anni Sessanta quando l'industrializzazione diffusa promette più facili guadagni e nessuno più vuole intraprendere il mestiere di "sportaia". L'avvento delle materie plastiche rendono del tutto antieconomica la produzione di tanti piccoli oggetti in paviera. Restano, man mano soltanto le donne più anziane e la poca produzione residua non permette più un'adeguata commercializzazione: alla fine degli anni Ottanta ci si limita alla sola produzione di borsette da boutique per poi cessare definitivamente anche quella.

Dalla fine degli anni Novanta un gruppo di Ravarinesi sta soffiando sulle ceneri dei ricordi per far riprendere un po' di vigore a questa arte, per non farla scomparire definitivamente. Grazie alla memoria e all'esperienza delle mani di esperte artigiane, che hanno passato una vita a intrecciare foglie di tifa, si cerca di trasmettere ai giovani questa tradizione.

Alle 17 invece il secondo appuntamento della rassegna Libri al Mercato. L'incontro è con un gruppo di poeti che hanno raccolto le loro opere in una pubblicazione di Edizioni il Fiorino dal titolo Poetineranti 2016

Nel 2014 si è costituito un gruppo di lettori appassionati di poesie dialettali dal vivo. Il ritrovarsi poi ha acquistato un nuovo sapore quando le poesie da leggere erano quello da loro composte. Il numero di persone coinvolte è andato via via aumentando, finché il gruppo ha deciso di costituire un'associazione culturale I Poetineranti. La raccolta edita nel 2016 racchiude il lavoro di diciotto autori. Le liriche sono tutte di un'incredibile vitalità, "poche chicche di ciascuno di noi per non dimenticarci."


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