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"Mosè e le origini del monoteismo ebraico", se ne parla alla San Carlo

Martedì 5 novembre proseguono alla Fondazione Collegio San Carlo di Modena (via San Carlo, 5) le lezioni del ciclo dedicato al tema Fondatori di religioni. Carisma individuale e contesto sociale all’origine delle tradizioni religiose, ideato dal Centro Studi Religiosi. Massimo Giuliani presenta la conferenza dal titolo Mosè. Esodo e profezia all’origine del monoteismo ebraico.

Massimo Giuliani è professore di Pensiero ebraico presso l’Università di Trento. Studioso dell’ebraismo moderno e contemporaneo, nonché del rapporto tra filosofia e pensiero ebraico, ha approfondito i temi legati alla Shoah, il giudaismo conservative americano e il dialogo ebraico-cristiano, non mancando di svolgere attività di comunicazione pubblica anche su quotidiani e riviste. Curatore dell’edizione italiana di alcune opere di Maimonide, Mosheh Hayyim Luzzatto e Gershom Scholem, ha pubblicato di recente: La giustizia seguirai. Etica e halakhà nel pensiero rabbinico (Firenze 2016); La filosofia ebraica (Brescia 2017); Il Rabbi di Asti. Su Paolo De Benedetti (Brescia 2019); Le terze tavole. La Shoah alla luce del Sinai (Bologna 2019).

I due principali pensatori del giudaismo medievale, Jehudah HaLevi e Maimonide, raccolgono il messaggio della pagina finale della Torah dove si narra la morte del profeta, e convergono nel celebrare Mosè come il maggiore dei profeti. Cristiani e musulmani, dal canto loro, limitano l’autorità mosaica a un breve periodo della storia, la quale ha poi visto profeti più grandi, Gesù per i cristiani e Muhammad per i musulmani, capaci di superare e obliare la grandezza del loro stesso modello biblico. Maimonide precisa in che senso Mosè sia il maggiore: nessun altro uomo ebbe, né mai avrà, di Dio una maggiore conoscenza, dono che lo elevò alla condizione degli angeli. È un linguaggio lontano dal nostro orizzonte culturale e dalle nostre categorie cognitive soprattutto religiose – afferma Giuliani - nondimeno resta una preziosa testimonianza dell’assoluta centralità di quest’uomo, il quale, per quanto grande e superiore, non venne mai adorato come un dio, o un semi-dio, o fatto oggetto di culto. Il culto della personalità, fosse pure verso il maestro più autorevole, è infatti una forma di idolatria. Anche Jehudah HaLevi, anteriore di qualche decennio a Maimonide, celebra Mosè come profeta degli ebrei, ma nelle sue poesie religiose fa emergere invece il lato più simpatetico e umano, che connette le tre buone guide di Israele – Mosè, Aronne e Miriam – ai luoghi dell’anima che il poeta-filosofo vorrebbe visitare prima di morire. Era un uomo d’azione, sanguigno in gioventù, ma imparò l’ascolto e la condivisione e fondò il suo carisma sull’umiltà. E tuttavia, per quanto grande sia stata la sua profezia, per quanto carismatica la sua leadership presso il popolo e per quanto intima la sua relazione con Dio, la tradizione insegna a nome di rabbi Elizer ben Jaacob: «Non vi è una generazione in cui non vi siano uomini come Abramo, una generazione in cui non vi siano uomini come Giacobbe, una generazione in cui non vi siano uomini come Mosè, una generazione in cui non vi siano uomini come Samuele».

La conferenza si tiene nel Teatro della Fondazione, con inizio previsto alle ore 17,30. L’incontro sarà trasmesso anche in diretta web collegandosi al sito www.fondazionesancarlo.it. La conferenza, come tutte le altre del ciclo, sarà inserita nell’archivio conferenze presente sullo stesso sito, dove sarà accessibile gratuitamente. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione.


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