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"Se' nùmmari" di Salvatore Rizzo per la regia di Vincenzo Pirrotta alle Passioni

Teatro delle Passioni, Viale Carlo Sigonio 382 - Modena

8, 9 gennaio ore 21.00
10 gennaio ore 19.45

SE' NÙMMARI

di Salvatore Rizzo

regia, scene e costumi Vincenzo Pirrotta
musiche Giacomo Cuticchio
luci Franco Buzzanca

con Filippo Luna e Valeria Contadino

Teatro Stabile di Catania

Vincenzo Pirrotta, che il pubblico modenese vedrà anche nei panni di Otello a fianco di Luigi Lo Cascio, porta in scena in veste di regista dal 8 al 10 gennaio al Teatro delle Passioni Se' nùmmari (Sei numeri), novità assoluta in lingua siciliana del drammaturgo e giornalista palermitano Salvatore Rizzo, responsabile delle pagine dello spettacolo del "Giornale di Sicilia", che torna a scrivere per il palcoscenico dopo l'autorevole affermazione riscossa con Le mille bolle blu.
Filippo Luna e Valeria Contadino saranno in scena Orazio e Anna, marito e moglie, scaraventati in un inferno quotidiano alle cui pene si sono sottoposti per anni tra amore e rassegnazione, dovere e strazio, dolore e abnegazione. "Orazio e Anna parlano in siciliano ma la loro storia credo sia ovunque, una tragedia di città o di provincia" afferma Pirrotta che prosegue "il loro spazio, comunque, penso sia più quello della follia che quello fisico, è la gabbia del delirio che imprigiona le loro menti, la ragnatela della febbre che li assale e li rinserra dopo che hanno intravisto un barbaglio di felicità che, da lontano, dopo gli anni del dolore, del negarsi e del donarsi, scambiano per un'improvvisa catarsi. E non si accorgono che quella è invece una trappola: chissà, magari tesa, messa lì apposta dagli stessi dei".
I due si lasciano pervadere dalla tentazione di una possibile felicità che ha però un prezzo altissimo, quello di un sacrificio orrendo, del più efferato tra i crimini. Eppure quel demone, per un breve ma definitivo momento, si impossessa della loro mente e del loro cuore, li ammorba fino ad intossicarli, confondendo diritto e ragione, egoismo e pietà, trasformando due angeli in due carnefici. Si imbatteranno in un inferno ancora più insopportabile, Orazio e Anna, quello di una coscienza e di un sentimento che, tornati vigili, osservano il baratro in cui sono sprofondati senza alcuna speranza di uscirne.

Confessare dove, in che tempo, perché li ho pensati, Orazio e Anna, sarebbe un colpo sotto la cintura per Vincenzo, Filippo e Valeria, grazie ai quali questa storia lascia i fogli di un copione e si trasfigura in anime e corpi di palcoscenico. Quasi un torto. Che non penso affatto di fargli, grato come devo esser loro per farmeli vivere questi miei figli di carta che da un po' di tempo sono soprattutto loro figli.
In che tempo, al massimo. Un oggi che può essere l'altro ieri o dopodomani. Un oggi comunque, un oggi qualunque. Ma anche, visto il rito sacrificale di cui Orazio e Anna sono spietati sacerdoti, l'indefinito sempre del mito, che è un territorio, a dirla tutta, che a Pirrotta piace frequentare nel suo teatro.
Anche dove, magari, in che luogo. Che importa, il dove? Orazio e Anna parlano in siciliano ma la loro storia credo sia ovunque, una tragedia di città o di provincia. E il loro spazio, comunque, penso sia più quello della follia che quello fisico, è la gabbia del delirio che imprigiona le loro menti, la ragnatela della febbre che li assale e li rinserra dopo che hanno intravisto un barbaglio di felicità che, da lontano, dopo gli anni del dolore, del negarsi e del donarsi, scambiano per un'improvvisa catarsi. E non si accorgono che quella è invece una trappola: chissà, magari tesa, messa lì apposta dagli stessi dei.
Il perché, infine. Perché accade quello che accade ad Orazio e ad Anna? Io stesso non so spiegarlo, né credo possa spiegarlo il teatro. O almeno: può sicuramente capirne il tormento, rendersene partecipe, anche senza giudicare, ma non gli si possono chiedere diagnosi. Non so se il perché risieda nella ricerca quotidiana di ciò che non abbiamo, o magari abbiamo già ma ci ostiniamo a non vedere. In quella ricerca che ci esalta e ci sfinisce, ci elettrizza e ci abbrutisce, ci carica al quadrato e poi ci azzera, dalla quale non prendiamo mai una pausa: un moto perpetuo che ci avvince e ci sfianca, che usiamo come grimaldello per tentare di affrancarci da questa o quella schiavitù; la corsa affannosa il cui trofeo, al traguardo, sarà l'essere (o il solo sentirci) più felici.
Lasciamo parlare loro, adesso, lasciamo parlare Orazio ed Anna. Ad ognuno, spero, diranno una cosa diversa, racconteranno una diversa verità. Un dove, un tempo, un perché che non saranno mai uguali per tutti.

Ingresso € 12 / 5

BIGLIETTERIA TELEFONICA
059 2136021 dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 13


BIGLIETTERIA TEATRO STORCHI

Largo Garibaldi, 15 - tel. 0592136021
Orari: martedì dalle ore 10 alle 14 e dalle 16.30 alle 19.00; dal mercoledì al venerdì dalle ore 10.00 alle 14.00; sabato dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle ore 16.30 alle 19.00

VENDITA ONLINE
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