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Terre d’Oltremare, un viaggio antropologico nel Pacifico

Venerdì 22 novembre proseguono alla Fondazione Collegio San Carlo di Modena (via San Carlo, 5) le lezioni del ciclo dedicato al tema Globalizzazioni. Forme e immagini dell’universalismo, ideato dal Centro Culturale. L’incontro, dal titolo Oltremare. Nativi, viaggiatori e antropologi nelle isole dell’Oceania francofona sarà tenuto da Adriano Favole, professore di Antropologia culturale presso l’Università di Torino. Favole fa parte del comitato scientifico della Fondazione Ariodante Fabretti e ha condotto indagini sul campo nell’Oceania francofona (in particolare Nuova Caledonia), interessandosi soprattutto alle forme dell’organizzazione politica, alla diffusione del cristianesimo e alle richieste di restituzione del patrimonio artistico da parte delle popolazioni locali. Si è occupato inoltre degli usi pubblici di categorie antropologiche, dell’insorgenza del neorazzismo, delle credenze e dei rituali legati alla morte e all’aldilà. Tra le sue pubblicazioni recenti: La bussola dell’antropologo. Orientarsi in un mare di culture (Roma-Bari 2016); Vie di fuga. Otto passi per uscire dalla propria cultura (Torino-Milano 2018).

L’Oceania è spesso rappresentata nel nostro immaginario da due potenti e contrapposti stereotipi. Da un lato, vi è l’immagine “orientalizzante” ed esotica di un luogo “primitivo”, abitato dagli aborigeni australiani con i loro miti millenari e il loro stile di vita nomade, dai papua della Nuova Guinea dediti al cannibalismo e alla caccia alle teste, fino alle avvenenti donne polinesiane immortalate nei quadri di Paul Gauguin. Dall’altro lato, vi è l’immagine di un mondo ritenuto ormai completamente occidentalizzato, invaso da folle di turisti e colate di cemento, sottomesso all’etica e ai riti cristiani: un vasto insieme di isole che avrebbero irrimediabilmente smarrito la ricchezza culturale e ambientale originaria. Un «paradiso trovato e perduto», secondo l’espressione del geografo Oskar Spate. Per mettere a nudo la marginalità dell’Oceania nella nostra rappresentazione del mondo e, insieme, la forza e la banalità degli stereotipi che popolano l’immaginario sui Mari del Sud si potrebbe parlare, usando un neologismo, di Occidoriente – spiega Favole: un termine che scaturisce appunto da una fusione, da una relazione tra l’Occidente e l’Oriente, tra “noi” e gli “altri”. Se per gli occidentali l’Oceania è raffigurabile come una moltitudine di isole in un mare remoto, per i suoi abitanti è piuttosto un mare di isole, secondo l’arguta definizione di Hau’ofa. Un mare di isole in connessione, popolato a partire da 5000 anni fa da società di origine asiatica che si sono nel tempo fortemente differenziate, ma che a lungo hanno continuato a tessere rapporti e ad ampliare i propri orizzonti. Furono l’irruzione degli europei prima e in seguito il colonialismo vero e proprio a costruire confini rigidi, a erigere barriere reali e simboliche tra le società dell’Oceania. Tuttavia, a partire dalla seconda guerra mondiale, sfruttando le opportunità di un mondo globale che ha messo in crisi i confini delle nazioni, molti oceaniani hanno ricominciato a viaggiare e a ricucire reti all’interno e oltre i limiti del Pacifico.

La conferenza si tiene nel Teatro della Fondazione, con inizio previsto alle ore 17,30. L’incontro sarà trasmesso anche in diretta web collegandosi al sito www.fondazionesancarlo.it. La conferenza, come tutte le altre del ciclo, sarà inserita nell’archivio conferenze presente sullo stesso sito, dove sarà accessibile gratuitamente. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione.


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