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I cinque simboli della gastronomia dell'Appennino modenese

Un viaggio tra i prodotti tipici dell'Appennino modenese alla ricerca delle leggende che li riguardano, ma anche le ricette tradizionali per cucinarli

Gnocco Fritto

Quella del gnocco fritto è una tradizione culinaria diffusa in tutto il territorio emiliano prendendo nomi anche molto differenti tra loro. A Parma lo conoscono come "torta fritta", a Ferrara come "pinzino" e a Piacenza quale "chisulén". Anche la loro preparazione si differenzia da provincia a provincia, e da comune a comune. Tuttavia l'indagine di questo articolo non è volta a comprendere quali siano le differenze, bensì chi inventò effettivamente questo piatto così buono. 

Ovviamente il primo riferimento a cui è logico pensare è relativo al popolo dei Celti. Infatti, quando sentiamo parlare di Boi, come nel caso del noto evento Modena Boica, si tratta di una tribù celtica nota con il nome per l'appunto di Galli Boi. Uno dei tanti comun denominatori dei popoli celti era senza dubbio la cucina, prevalentemente carica di proteine e di grassi, con protagonista la selvaggina, come i cinghiali, e l'allevamento dei maiali. Basti pensare a quanto ci viene raccontato da Asterix ed Obelix. 

Il maiale era quindi fondamentale per i popoli celti, e ciò li discostava rispetto alla cucina a base di cereali, di pecora e di manzo come quelle Etrusche e Romane. E del maiale già i Boi sapevano che non si buttava via niente, e non di meno si pensa, con più di una ragione in questo senso, che furono loro a creare lo strutto. Questo ingrediente sarebbe diventato fondamentale per la preparazione del gnocco fritto e sicuramente la frittura nello strutto è stata poi ripresa anche per altri elementi della cucina modenese come le frappe e i borlenghi.

Tuttavia quel tipo di impasto è lontano dalla tradizione proteica dei Boi e sembra più invece legata agli etruschi e ai romani, che erano soliti preparare pani di varie tipologie. Non a caso si ritiene che l'origine della crescentina sia molto legata alla tradizione romana della tavola. Perciò a ragion veduta, il gnocco fritto appare agli occhi degli studiosi la perfetta combinazione della tradizione celtica e ligure da un lato con quella romano-etrusca dall'altro. 

La Ricetta del Gnocco Fritto

INGREDIENTI. Gli ingredienti sono:  1 kg di farina, 70 g di strutto, acqua minerale frizzante q.b., 2 cucchiaini di sale, olio da friggere q.b., latte q.b.

PROCEDIMENTO. Iniziate setacciando la farina e impastandola con lo strutto, quindi aggiungete l'acqua minerale frizzante, insieme al sale e al latte. Ora lavorate l'impasto finché non sarà omogeneo e stendetelo in una sfoglia dello spessore di 0,5 cm. Tagliate la pasta a rombi o a quadrati di 5 cm circa per lato.

Procedete, prendendo un tegame alto e stretto, quindi versate l'olio per friggere, poi aggiungete lo strutto e portatelo a temperatura, per andare poi ad immergervi i pezzi di pasta che avete preparato e friggerli avendo cura che siano dorati da ambo le parti. Infine, scolateli su carta assorbente da cucina e servite il gnocco fritto ben caldo, insieme a formaggi, salumi o marmellate. 

Crescentine

Molto spesso la storia risiede nei dettagli, e un esempio è quel simbolo che si vede sopra le tigelle e quindi di conseguenza sopra le crescentine. E' un simbolo che avrete visto nel mondo politico, in particolare nella Lega Nord come stemma della Padania, ma che fuori dall'ambito politico ha una ragione storico-culturale molto più profonda. Viene chiamato da alcuni "Sole delle Alpi" da altri "Fiore delle Alpi". Perché noi che abbiamo gli Appennini dovremmo riportare quel simbolo sopra le tigelle? 

Quel simbolo viene chiamato Sole da chi ci vede in quei segni dei raggi solari, fiore invece per chi immagina dei petali. La politica ha fatto sì che quel simbolo si rifacesse ai celti comettendo un enorme errore di valutazione, perché infatti quel simbolo ha origini medio-orientali. Si riferisce infatti, secondo gli antichi egizi il "Fiore della Vita", mentre per la tradizione ebraica è l' "Albero della Vita", in entrambi i casi legato all'evento della creazione. Che legame c'è tra Antico Egitto e Modena? 

Per alcuni quel simbolo ricorda la vita nel senso stretto della fisionomia femminile, ovvero è un simbolo vaginale. Da lì nascerebbe l'idea dell'Albero della Vita o del Fiore della Vita. Ma quelle culture sono troppo lontane da Modena, perciò bisognerebbe interrogarsi come abbia fatto ad arrivare fin qui. Bisogna sapere che c'è un termine latino per indicare due cerchi che si incontrano, ovvero Vesica Piscis.

Quel simbolo è stato usato ai tempi dei primi cristiani per indicare l'Ichthys, ovvero il pesce che era un simbolo per indicare Gesù Cristo. Con quel simbolo i primi cristiani si riconoscevano e furono loro che arrivarono dal medio-oriente in Italia in epoca romana. Tale tradizione si è probabilmente radicata nei secoli successivi, perdendo il significato originario e venendo sostituito con una credenza cristiana. Tale sarebbe poi stata rappresentata sopra oggetti comuni, come le forme circolari o tigelle utilizzate per cuocere le crescentine. 

La Ricetta delle crescentine

INGREDIENTI. Gli ingredienti per 18 crescentine sono: 250 gr di farina 0, 500 gr di farina 00, 300 gr di latte intero, 200 gr di acqua, 60 gr di strutto, 50 gr di olio extravergine d'oliva, 3 g di lievito di birra secco, 1 cucchiaino di sale fino. 

PROCEDIMENTO. Iniziate unendo la farina 0 e quella 00 con il latte, lo strutto e il lievito. Impastate interrompendovi ogni tanto per aggiungere l'acqua e l'olio un po' alla volta, e poi ricominciate ad impastare. Una volta che l'impasto sarà compatto aggiungete il sale e operate l'ultima fase di impasto.  Ora ponete il composto che avete ottenuto sopra ad una spianatoia di legno e lavoratelo bene con le mani fino a farlo diventare liscio ed omogeneo. Ponete il composto in un contenitore coperto da una pellicola trasparente e lasciatelo riposare a temperatura ambiente per un paio d'ore. 

Una volta che il tempo è trascorso potete mettere l'impasto in frigorifero per 8 ore, e terminato il periodo di attesa potete togliere l'impasto dal frigo e porlo su una spianatoia leggermente infarinata. E' il momento di stendere l'impasto con un mattarello così che abbia uno spessore di circa 5 mm e poi create dischi di 8,5 cm di diametro o formando un palline di pasta grandi come una mano. Una volta create le 18 palline o i 18 dischi, lasciatele riposare su un vassoio per 20 minuti, quindi procedete scaldandole per 4-5 minuti per parte e poi capovolgete la tigelliera chiusa per verificare la cottura.

Ciacci

Con l'arrivo dell'autunno tra la frutta in casa arrivano ovviamente le castagne,  uno dei più amati dai grandi e bambini. La tradizione modenese specialmente quella appenninica è molto legata alle castagne, tanto che a Zocca esiste ed è visitabile il Museo della Civiltà del Castagno, che racconta del rapporto tra l'uomo d questo frutto. Di conseguenza tante sono le ricette montanare modenesi a base di castagne, tra queste la più antica è sicuramente quella dei ciacci. 

I ciacci sono dei dischi a base i farina di castagne tipici delle province di Modena, Reggio Emilia, Bologna e dell'area Appenninica della Toscana. Le origini sono antichissime, infatti il sistema di preparazione e specialmente quello di cottura fanno pensare che la tradizione possa derivare persino dai tempi della preistoria. Inatti, durante il paleolitico, e successivamente anche nel neolitico, i prodotti della terra venivano scaldati non di rado tra due dischi di terracotta così che tra i due si potesse contenere il calore. 

I ciacci sono cotti tutt'oggi tra una coppia di dischi di ferro con un lungo manico e vengono scaldati sulla fiamma o sulla stufa a legna. Il sistema delle pietre arroventate vicino al fuoco è stato tramandato per millenni ed è arrivato fino a noi. La loro diffusione geografica è ampia, infatti sono presenti nella Versilia e Garfagnana sempre con il nome di ciacci, mentre a La Spezia sono noti come caccìn, a Sestri Levante sono panèlle o pattole, e sono arrivate persino in Corsica dove tutti li conoscono come nicci. 

La ricetta dei ciacci

INGREDIENTI. Ingredienti per 4 persone: 400 ml di latte oppure 350 g di panna o ricotta, 250 g di farina di castagne, 1 l di acqua  e 1 cucchiaino di sale fino. Ingredienti per il condimento: 300 g di burro e 300 g di strutto di buona qualità. 

PROCEDIMENTO. Cominciate a setacciare la farina di castagno per togliere i grumi, quindi fate bollirel'acqua poco salata con bollore leggero, tenendo la fiamam sempre bassa. Una volta che vedete le bolle, potete aggiungere la farina a poco a poco, continuando a mescolare così da evitare la formazione di grumi. La ricetta è veloce da prepare perché infatti la farina di castagne dovrà cuocere massimo dieci minuti e alla fine avrete un impasto della consistenza collosa e compatta.

Borlengo

Il Borlengo, è uno dei pochi prodotti enogastronomici italiani che è legato a tre leggende, una discorde dall'altra, in quanto ognuna relativa ad una certa città, per dimostrarne la paternità.  La prima riguarda Zocca, infatti oggi nel paese è presente il museo del Borlengo, insieme alla compagnia della cunza, cioè l'associazione per la cultura e la conservazione di questa antica tradizione. E oltre a questa presenza vi sarebbe anche quella di una leggenda legata a Zocca, la quale narra infatti di un bottegaio che nei giorni di mercato vendeva pane e focacce, allungando però l'impasto con acqua a seconda del numero di avventori.

Tuttavia, scendendo lungo il  Panaro, si incontra la cittadina di Vignola, anch'essa legata ad una leggenda secondo la quale il borlengo sarebbe stato preparato in circostanze simili, ossia durante l'assedio del castello governato da Iacopino Rangoni, avvenuto nel 1386 ad opera dell'esercito del conte Giovanni da Barbiano, alleato di Isacco e Gentile Grassoni. Così come ne parla una leggenda di Monteombraro, che racconta di un signorotto locale che avrebbe servito una pietanza di sottile sfoglia a conoscenti ed amici, promettendo a loro un pasto abbondante, e questi rimasero così contenti dell'alimento che si autoinvitarono altre volte.

Infine ha particolare fascino la leggenda che vede protagonista Guiglia, paese nel quale vennero rinvenuti nel 1266 dei documenti riguardanti questo prodotto. A creare ancora più mistero è la circostanza ambigua in cui vennero rinvenuti, infatti era appena finito l'assedio delle truppe guelfe modenesi contro gli Algani, i quali avevano resistito per giorni e giorni. A fare chiarezza furono le truppe degli assedianti che scoprirono come Ugolino da Guiglia e la famiglia Grasolfi fossero sopravvissuti così a lungo grazie ad ostie di farina ed acqua impastata, cotte ed insaporite da erbe. Alla fine avevano ceduto al nemico perché con il protrarsi della guerra la farina iniziò a scarseggiare e dovettero fare ostie sempre più piccole. 

La Ricetta dei Borlenghi

INGREDIENTI. Per preparare la cunza sono necessari 80 g di lardo di maiale, 1 spicchio d'aglio, 50 g di parmigiano reggiano grattugiato, 1 rametto di rosmarino, mentre per preparare la colla sono necessari 250 g di farina 0, un pizzico di sale e circa 1 litro di acqua fredda. 

PROCEDIMENTO. Il borlengo si preara con sale, farina e aqua che vanno mescolate, aggiungendo ancora acqua se necessario senza mai fermarsi di mescolare, finché non otterrete un composto liquido e liscio.

Lasciatelo riposare 1 ora e poi prendete una padella, ungetela con un pezzetto di lardo e iniziate a scaldarla a fuoco basso, quindi versate un mestolo di colla nella padella e fatela roteare per spargere l'impasto e ottnere una superficie omogenea. Fate attenzione che la colla non inizi a bollire. 

Cuocete l'impasto a fuoco lento facendo sì che diventi croccante, quindi giratelo sull'altro lato, e una volta cotto toglietelo dalla padella per poi ungerlo con parmigiano reggiano utilizzando un pennello, per poi chiuderlo in quattro .

Mirtillo

Tra i tanti prodotti alimentari di cui abbiamo parlato nella rubrica #magnerbein, quello del mirtillo modenese è probabilmente il più antico. Infatti non si tratta di un frutto sorto a seguito dell'azione umana e quindi dell'installazione artificiale, com'è avvenuto per esempio per le ciliegie, ma di una varietà di mirtillo che nasce spontanea. Si tratta della specie Vaccinium Myrtillus, una pianta bassa, detta strisciante, che raramente nella zona dell'Appennino supera i 30 cm di altezza dal terreno. 

 Questo frutto ha la parte esterna di colore nero-bluastro mentre la polpa è rosso-bluastro. Si tratta di frutti dal diametro di 6-8 mm e che sono spesso utilizzati in cucina. Una delle torte tradizionali del nostro Appennino è la crostata, nelle varianti con il mirtillo o con le amarene. Inoltre all'origine le crescentine dolci venivano mangiate non con creme spalmabili, bensì con i frutti più dolci, tra cui il mirtillo, sia sottoforma di marmellata che naturali. 

Tuttavia la caratteristica più unica del mirtillo dell'Appennino modenese sono le sue caratteristiche medicali. Infatti è usato nell'ambito fitocosmetico per la presenza nelle sue bacche di acidi organici, tannini, pectine ed in oftalmologia, ossia quella branchia della medina che si occupa della cura delle pervesioni, proprio per la sua ricchezza di anotociani. 
 


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