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La Modena nascosta | Il borgo d'Appennino custode di un antico e raro mulino ad acqua

Dominato dal torrente Rossenna, il comune montano di Polinago custodisce una frazione immersa nel paesaggio boschivo e impregnata di storia e tradizioni. Una fra tutte? L'antica arte della macinazione di cereali e castagne attraverso un mulino ad acqua

Gombola è un armonioso connubio tra la florida natura d’Appennino, adornata dai querceti, castagneti e faggeti tipici del paesaggio montano, e la civilizzazione, tra il moderno e l’antico. Ogni pietra, che sia parte di un edificio o di un selciato, racconta, è impregnata di memorie del passato, di vicissitudini e vicende storiche che hanno reso il piccolo borgo un soggetto chiave tra le trame belliche del Novecento (come non menzionare il commando partigiano del General Marcello e Franco Cesana, il più giovane partigiano d’Italia morto per la libertà all’età di 13 anni).

E antiche tradizioni. In particolare tra quest’ultime spicca l’immemore pratica della macinazione di cereali e castagne all’interno di un mulino ad acqua, edificio tutt’oggi funzionante, unico nel territorio montano emiliano e motivo di gran orgoglio e affetto da parte degli abitanti di Gombola.

Il mulino ad acqua di Gombola: un capolavoro ingegneristico del XIX secolo

Grazie ad un sistema di chiuse e canalizzazione, la grande ruota in legno del mulino di Gombola sfrutta la corrente del torrente Rossenna, affluente del Secchia, in un ciclico e scrosciante movimento antiorario. La ruota, dai quali raggi legnosi pendono ancorati da tempo muschi e fiorellini di campo, dà l’avvio ad ingranaggi collegati a grosse macine in pietra, imponenti ma non abbastanza pesanti da frenare la forza dell’acqua.

Il mulino, risalente al XIX secolo, appartiene da cinque generazioni alla famiglia Veratti che, ancora oggi, mantiene viva l’antica arte della macinazione del grano e delle castagne locali per produrre farina.

Gombola di Polinago, tuttavia, è un borgo ricco di scorci suggestivi, oratori, il castello, chiese ed edifici di gran fascino, spesso circondato da minute frazioni avvolte da un’atmosfera senza tempo. Ecco alcuni esempi:

La Picciniera

Lungo Via San Michele sorge un piccolo borgo quattro-cinquecentesco che originariamente svolgeva la funzione di casino di caccia dei conti Cesi. Tra gli edifici principali vi è una casatorre della seconda metà del cinquecento, un oratorio dedicato alla Beata Vergine del Rosario ed un'edicola votiva settecentesca che rappresenta la Madonna col Bambino di autore ignoto. Qui è ubicata l'epigrafe riportante il nome del tredicenne Franco Cesana, riconosciuto come il più giovane caduto partigiano d'Italia.

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Casa del Tocco, Casa Barduzzi e Ca' del Ghiddo

Dopo le prime curve di Via Maranello, non distante dalla frazione di Gombola, sorge Casa del Tocco (Ca' del Tòc), edificio circondato avvolto da un alone di mistero.

Leggenda narra che “ Un sacerdote del luogo aveva legato per testamento i suoi beni ad un nipote con l’impegno di suffragarne l’anima. A questi, che non se ne curava, lo zio apparve ripetutamente rimproverandolo e richiamandolo alle promesse fatte. La voce implorante del defunto si espandeva nella Vallata del Torella. Una notte, durante la quale la voce del defunto si era fatta più insistente e quasi minacciosa, il giovane nipote apri, sgarbatamente, le imposte, maledisse la memoria dello zio e richiuse nuovamente. Si avverti contro di esse un violento urto. Al mattino vi stava impressa l’impronta di una mano infuocata. La paura del giovane fu enorme. Sull’istante sbiancò di capelli e nello spazio di 48 ore cadde morto. Da tale morte, indicata dal popolo con la parola “tòc” o colpo, ne trasse nome la località. Si dice che l’imposta sulla quale restò l’impronta della mano sia conservata in Vaticano al museo del Soprannaturale”.

Casa Barduzzi, invece, è una piccola borgata, sita in via del Veneziano, che costituisce un considerevole esempio di casatorre del '200 o dei primi del '300.  Si notano ancora oggi parti del portale d'accesso originario ed un pregevole loggiato seicentesco costituito da colonnette in pietra arenaria finemente scolpite.

Infine, Ca' del Ghiddo, un complesso rurale risalente al XVIII - XIX secolo. Si caratterizza per la presenza di una torre centrale, un'entrata ad arco che consente l'accesso alla corte interna e per l'oratorio del '700 dedicato alla Beata Vergine della Neve.


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