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Le leggende e i miti ambientati nella bassa modenese

La bassa modenese è ricca di leggende, segreti e misteri che riguardano luoghi così vicini a noi, ma di storie così lontane nel tempo

Al Barnardon (Mirandola)

Famose in tutto il mondo sono le terzine di Nostradamus, che secondo alcuni sarebbero in grado di raccontare il futuro attraverso un intricato sistema di simboli e codici. Nello scrutare gli astri per comprendere il futuro non c'è solo il famigerato Nostradamus, ma molti altri si sono ispirati al cosmo per capire il domani, tra di essi c'è il mirandolese Al Barnardon.  Il libro "Al barnardon" nasce nel 1878, chiamato così perché il suo famigerato astrologo era grande e grosso. Non si tratta tanto di profezie apocalittiche, ma di ironiche previsioni astrologiche che raccontano una bassa modenese di 135 anni fa con il suo lunario. I cardini delle previsioni del Barnardon sono semplici "d'estate fa caldo e d'inverno fa freddo" e con questo principio ha riempito di lunari le case dei mirandolesi. Ancora oggi all'epoca del web, al Barnardon continua ad essere appreso nelle abitazioni della bassa, forse non più nelle stalle, ma la sua testimonianza di un futuro più ironico non mancherà mai. 

La leggenda della dama bianca 

Protagonista di questa leggenda è il castello dei Pio a Carpi, che in epoche passate ospitava una bellissima dama, moglie di uno dei signori Pio che governava la città. Non si conosce il nome della donna, forse era Bianca ma non si è sicuri, tuttavia si sa che il marito era davvero crudele, rozzo e rude. Un guerriero che faceva sfoggio delle sue capacità belliche, ma poi chinava il capo davanti ai signori di Milano. L'uomo fu crudele che fece uccidere la moglie e la fece gettare da una finestra del castello, ma prima che ciò accadesse la donna gli lanciò una maledizione e queste ebbe successo, infatti l'uomo sarebbe morto in una prolungata agonia.

La leggenda della madonna dei boschi (Campogalliano)

Un luogo nato all'ombra del mistero, infatti la leggenda vuole che nel corso del XVII secolo alcuni contadini videro sopra un mucchio di ghiaia presso il fiume Secchia, una tavoletta, sulla quale era dipinta l'immagine di Maria. La tolero di là e la collocarono lungo il fusto di una quercia, a mezzo miglio dal fiume, presso la strada che conduceva a Cittanova. In realtà ci sono diverse testimonianze scritte dell'epoca, tra cui quella del parrocco Don Paolo Antonio Arienti, che confermano l'epoca di ritrovamento del quadro. Il fatto è che quei contadini mai si sarebbero immaginati quale gran flusso di pellegrini sarebbe arrivato a Campogalliano proprio per venerare l'immagine. Oltre alla sua incredibile venerazione, anche l'origine dell'immagine rimane argomento "incredibile". Infatti, viene ritenuta una delle raffigurazioni pittoriche migliori dell'epoca, tanto da suscitare compassione, con i suo volto leggermente volto di profilo con il capo un pò inclinato. Chiunque fosse stato l'autore oggi questa meravigliosa opera è visibile, ed è ancora più strano che la possiamo osservare perché fu trovata da contadini lungo un fiume.

Il miracolo della madonna dei Ponticelli

Il santuario affonda le sue radici alla fine del Basso Medioevo, precisamente al XV secolo, e se ne ha la prima citazione in uno scritto del 1519. Secondo tra la tradizione il santuario nacque lì dove nel XV secolo, una pastorella muta, cercando di ripararsi da un temporale, chiese aiuto alla vergine Maria perché l'aiutasse a non aver paura. La Vergine ascoltò la richiesta della fanciulla e le rispose: "Puttina, và a dire a tuo padre che venga a coprirmi, perché mi bagno." Questa corse dai genitori e disse: "Babbo, quella signora che è in quel muro, mi ha detto che andiate a coprirla, perché si bagna". I genitori furono sconvolti nel sentire la figlioletta parlare, e così raggiunto il luogo della visione eressero un santuario per ringraziare la Madonna del dono dell'udito e della parola. La leggenda è ancora forte oggi, e seppur il santuario sia stato ristrutturato e ricostruito diverse volte, a ricordarci delle sue origini è lo scultore veronese Salesio Pegrazzi, che un bassorilievo che illustra la leggenda, per poi porlo proprio sull'altare marmoreo inferiore. 

Leggende e fascino di Giovanni Pico della Mirandola

Il personaggio modenese più avvolto nel mistero, forse anche più di San Geminiano, è Giovanni Pico della Mirandola, appassionato a diverse arti e scienze, tra cui la magia. Egli ritiene che nella cabala sia una fonte di sapienza a cui attingere per decifrare il mistro del mondo e nella quale Dio appare oscuro e apparentemente irrangiungibile dalla ragione. Dalla cabala giunge alla magia e da qui la storiografia si mescola con la leggenda. Si dice che Giovanni Pico operassse attraverso simboli e metafore di una realtà assoluta che è oltre il visibile attraverso la conoscenza della struttura matematica.

La leggenda di Re Astolfo

Il protagonista di questa leggenda carpigiana è il re Astolfo. Il reale longobardo era solito andare a caccia in umide paludi ed intricate foreste con il suo fedele falcone. Un giorno, mentre era in caccia, laciò il suo falco all'inseguimento di una preda, ma ecco che il rapace scomparve nel nulla. Il Re lo cercò disperato ma non lo trovò, perciò decise di fare un voto. Ossia, se lo avesse ritrovato avrebbe fondato una città e una chiesa dedicata alla Madonna. Dopo numerose ricerche lo ritrovò appollaiato sul ramo di un grande albero di carpine, e così decise di fondare una città che si chiamasse Carpi e una chiesa intitolaata Chiesa di Santa Maria in Arce, ossia La Sagra.


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