social

Le leggende modenesi ambientate nei boschi dell'Appennino

Un viaggio tra le leggende oscure e antiche legate ai boschi dell'Appennino modenese

Il Ponte del Diavolo

Il "Ponte del Diavolo" è un luogo he si trova tra Pavullo e Lama Mocogno non è però nulla di ciò che il nome indica, in quanto non è nè un ponte artificiale, nè è stato creato dal diavolo, ma allora perché ha questo nome?  Sappiamo che il Ponte è alto 3 metri dal suolo e lungo 33 metri, rappresentando un'inspiegabile esempio di sviluppo della natura, tanto che i contadini montani credevano fosse opera del Diavolo. La roccia renaria immersa in una fitta boscaglia è stata modellata a forma di arco dall'erosione e dagli agenti atmosferici, permettendo la sua percorribilità per la sua lunghezza, ma attenti a dove andate.

Perchè allora si chiama Ponte del Diavolo? Si chiama ponte perché evidentemente sembra tutto tranne che un'opera naturale in quanto l'occhio umano lo associa ad un ponte artificale. Ma soprattutto è chiamato del Diavolo per due motivi. Uno strettamente emotivo, in quanto la sua perfezione di forma è tale che sembra essere stato creato da un'entità trascendentale. Il secondo è invece legato ad una leggenda, secondo la quale  un agricolotore della zona più bassa della montagna, che doveva percorrere ogni giorni un lungo tragitto per evitare un fiume, chiese al Diavolo di costruirgli un ponte in cambio della sua anima. Satana accettò e raggiunta la vetta della montagna portò pian piano giù il monolite, ma arrivato nel luogo in cui si trova oggi vide una sabba di streghe e fu tanto preso dalla musica che non si accorse che era arrivata l'alba. Visto il Sole dovette fuggire lasciando lì il ponte.

La fata della Gadella

La storia è ambientata nel territorio di Sestola, precisamente presso la località Gadella, dove tutt'oggi ci sono due vecchi mulini, conosciuti come Pagliai e Sergentino. Un tempo erano azionati dallo scorrere dell'acqua dei torrenti Dogana e Prete. Un tempo c'erano due mugnai, sottoposti ad un lavoro pesantissimo, così assunsero anziani e bambini per setacciare la farina. Sette di questi bambini erano orfani di madre, e il padre per tirare avanti si sposò con una vicina di casa, che si rivelò una matrigna molto cattiva. Un giorno non riuscirono a setacciare abbastanza farina per guadagnare bene e alla sera, per evitare la violenza della matrigna, si nascosero dietro una grossa pietra a forma di conchiglia. Era la casa di una fata che, sentendoli piangere e lamentarsi, si commosse, e così, preso un setaccio di seta cominciò a setacciare al posto loro, rubando i chicchi di farina la notte prima, e poi setacciandoli per averli pronti l'indomani. I bambini si sorprendevano da soli di tutto il lavoro che ora, senza nessuna fatica, riuscivano a compiere. I mugnai soddisfatti triplicarono loro la paga, e ciò calmo la matrigna. Ancora oggi presso Gadella esiste il masso abitato dalla Fata, e se si accosta l'orecchio alla sua apertura a conchiglia, si sente distintamente il ritmo cadenzato del setaccio che la fata continua ad usare instancabilmente.

Il segreto del Lago Scaffaiolo

Presso l'Appennino si trova un lago tanto piccolo quanto portatore di un'antica leggenda. E' il lago Scaffaiolo o in dialetto "Scaffagiulo", il quale si trova tra le regioni di Pistoia e Modena. Tra le storie che gli abitanti della zona raccontavano ai figli davanti al camino ve ne era una che sosteneva qualcosa di soprannaturale: se qualcuno avesse gettato una pietra nell'acqua per interrompere la quiete del luogo, si sarebbe alzata la nebbia, e contemporaneamente avrebbero spirato i venti. In quel momento gli alberi si sarebbero liberati del terreno estraendo le loro radici. Tutti volti a portare tormenta al mal intenzionato. 

La leggenda di Monte Belvedere

La storia è ambientata presso il Monte Belvedere, vicino a Montese, dove gli abitanti, prima di essere sconfitti da quelli di Sestola, nascosero un tesoro nel castello e lo affidarono al diavolo. Egli pose una condizione: lo avrebbe restituito in cambio di una giovane donna incinta, che avesse il nome di una pianta. Finita la guerra, tanti tentarono di recuperare il tesoro, ma nessuno vi riuscì fino a quando gli abitanti non vennero a sapre che era arrivata a vivere a Diambri una giovane di nome Oliva, insieme al marito. Attesero che il marito fosse lontano da casa e rapirono la fanciulla per portarla tra le rovine del castello.

Gli abitanti fecero lo scambio e il diavolo portò nel suo regno Oliva, ma quando erano in volo, le si aprì la camicia sul petto scoprendo lo scapolare della Madonna. Il diavolo ebbe paura e lasciò cadere la fanciulla a terra. La fanciulla cadde a terra e formò una sagoma a forma di croce nel terreno. Questa storia si collega con un fatto realmente accaduto nel 1778, quando Maria Oliva Crudeli, moglie di Paolo Lanzi, venne trovata da due pastori nel bosco, distesa prona, con addosso solo la camicia e il centurino della Madonna e con molte bruciature sul corpo.


Si parla di