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Quali prodotti non puoi non assaggiare se visiti l'Appennino modenese

L'Appennino modenese è un territorio ricco di sapori e tradizioni gastronomiche uniche

CRESCENTINE (E NON TIGELLE). Se siete diretti in Appennino è vietatissimo, pena sguardi aggressivi, parlare di tigelle se intendete le crescentine. Facciamo un veloce distinguo, ovvero le tigelle sono le pietre dove si cuociono le crescentine, mentre appunto queste ultime sono il vero prodotto culinario. Tuttavia, tolto questo dubbio, bisogna sapere che l'Appennino modenese è la patria delle crescentine, nonché anche il luogo dove sono nate le tigelle utili alla cottura. Ma perchè si chiamano così tigelle e crescentine ? La parola tigella è quella che fornisce più indizi dal punto di vista storico, infatti si tratta di un termine che ha derivazione latina, infatti deriva dal verbo "tegere", che significa "coprire". E' interessante sapere che l'immagine celtica presente nelle tigelliere di oggi e nelle tigelle di ieri ricorda che forse l'origine è davvero antichissima. Infatti è presumibile che le focacce di cui alcuni documenti parlano siano nate già nel periodo etrusco e celtico, e che siano continuate anche in quello romano, poiché tutti e tre i popoli aveva sulla propria tavola queste focacce. Tuttavia l'origine delle crescentine sarebbe medioevale e probabilmente nata dalla preparazione erronea della focaccia, che condivide con la crescentina quasi tutti gli ingredienti differenziando le quantità.

MIELE DI CASTAGNO. Tra le diverse tipologie di miele che possiamo trovare nella provincia modenese, dalla bassa alla montagna, quello tipico dell'Appennino è il miele di castagno. E' un miele adatto ai palati più forti per il suo retrogusto amarognolo, l'odore è delicato con punte tipiche dei fiori di castagno e la sua particolarità è che rimane liquido e può presentare in alcuni casi una leggerissima e delicata cristallizzazione. Il metodo per ottenerlo è quello tipico dell'apicoltura biologica e per questo viene considerato di alta qualità, in quanto non sono impiegati trattamenti chimici e viene raccolto in zone contaminate. 

BORLENGHI. Borlengo o burlengo che si voglia, ha un nome che evidentemente deriva dalla parola "burla", cioè lo scherzo e a riguardo sono nate diverse teorie. Infatti, per alcuni l'alimento veniva mangiato a carnevale e quindi prendeva il nome di "cibo per burla", per altri la burla risiedeva nel fatto che il borlengo è una pietanza voluminosa, anche se in realtà è leggero e sottilissimo. La leggenda più interessante però riguarda un'anonima massaia, che nel preparare con acqua e farina il tradizionale impasto per le crescentine da cuocere nelle tigelle, scoprì di aver allungato eccessivamente con l'acqua, e per evitare di buttarlo via, provò a ricavarne ugualmente qualcosa di commestibile. Il risultato lo si può apprezzare ancora oggi nelle case e nei ristoranti del nostro Appennino.

MIRTILLI DI SESTOLA.  Il prodotto tipico di Sestola è sicuramente il mirtillo, tanto che è oggi la capitale del Mirtillo. Quello presente a Sestola è in particolare il Vaccinium Myrtillus, ovvero una pianta bassa, detta strisciante, che raramente nella zona dell'Appennino supera i 30 cm di altezza dal terreno. Questo frutto ha la parte esterna di colore nero-bluastro mentre la polpa è rosso-bluastro. Si tratta di frutti dal diametro di 6-8 mm e che sono spesso utilizzati in cucina. Una delle torte tradizionali del nostro Appennino è la crostata, nelle varianti con il mirtillo o con le amarene. Inoltre all'origine le crescentine dolci venivano mangiate non con creme spalmabili, bensì con i frutti più dolci, tra cui il mirtillo, sia sottoforma di marmellata che naturali.

PATATE DI MONTESE. Il paese di montese è famoso in tutto il territorio per le sue patate, che sono un'ottima base per tanti piatti emiliani. La dimensione del tubero è medio/piccola compresa tra 40 e 80 mm., di forma allungata, ovale o rotonda. L'aspetto esterno della Patata di Montese si presenta regolare, senza infossature dei germogli o rugosità con uniformità di colore ed assenza di zone verdi. Dopo la cottura, la polpa si caratterizza per una pasta fine, soda e compatta, mediamente farinosa a seconda delle varietà.

PARMIGIANO REGGIANO DI MONTAGNA. E' il formaggio più famoso al mondo e anche  quello che viene più imitato al mondo, proprio per le sue potenzialità organolettiche, ma anche per la sua storia di oltre nove secoli. Buonissimo, facilmente digeribile, estremamente ricco dal punto di vista nutrizionale, il Parmigiano-Reggiano non perde occasione per eccellere. Le produzioni di Parmigiano Reggiano dell'Appennino modenese sono presenti nei comuni di Palagano, Montefiorino e Sestola.

NOCINO. E' il liquore più importante di quelli prodotti nel territorio modenese e si distingue dagli altri prodotti in Italia perché non prevede nella ricetta l'uso di aromi. Le noci modenesi sono già così gustose che non bisogna aggiungerci nulla. Le origini del liquore sono incerte. Si sa che esistono versioni di liquore di noci in molti paesi europei, dall'Italia, agli Urali, all'Inghilterra. Documenti romani antichi riportano che i Picti, popolo dei Britanni, si radunavano "nella notte di mezza estate e bevevano "da uno stesso calice uno scuro liquore di noce". Ovviamente con l'incontro dei popoli avvenuto a seguito della fine dell'epoca delle invasioni, ha favorito l'arrivo della coltivazione delle noci nel nostro territorio e da quel momento il passo verso il nocino è stato breve. 

FORMAGGIO CAPRINO. Il Caprino dell'Appennino Modenese è il formaggio a pasta molle più noto della nostra terra. È caratterizzato da proprietà armoniche uniformemente distribuite. Il gusto del Caprino Modenese è il risultato di una lunga preparazione e di almeno 10 giorni di stagionatura durante i quali si forma la tradizionale crosta capace di contenere il sapore. Dopo essere stato trattato termicamente, al latte di capra prodotto nel territorio individuato, vengono aggiunti fermenti e caglio. Il coagulo così formato subisce un riscaldamento alla temperatura di 38°C per circa 9 minuti, per poi lasciare le cacotte riposare. Una volta messe in salamoia per un'ora vengono poste sugli scaffali almeno 10 giorni.


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